Corso Hatha Yoga, Asana, Pranayama, Tradizionale a Pesaro
Hatha yoga

Hatha yoga

L’hatha yoga è la forma di yoga più antico e tradizionale.
È basato su una metodologia di ascolto, consapevolezza e integrazione tra corpo, respiro e mente, per questo è definita una autentica esperienza psicosomatica.
Una seduta di hatha yoga è una "danza" alternata tra posizione e contro posizione, tra le diverse parti del corpo, ritmate dal fluire del respiro e della consapevolezza. 
Il corso, per principianti e praticanti, viene condotto seguendo gli insegnamenti della tradizione classica e secondo il metodo Satyananda.

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Insegnanti

Maurizio Di Massimo
Claudia Stefenelli
 

 

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Hatha yoga - Asana

L’aspetto più noto e applicato dell’hatha yoga, e attualmente dello yoga in generale, è quello delle asana. Questa parola deriva dalla radice sanscrita as che significa: restare, essere, sedersi, stare in una particolare posizione: pertanto asana è una posizione, una postura.
Nel noto e fondamentale testo di yoga, chiamato Yoga Sutra, l’autore Patanjali, in un celebre aforisma (sutra), definisce così la posizione yoga:
Sthira sukham asanam
Sthira = fermezza, vigilanza, stabilità, solidità
Sukha = rimanere comodamente nella posizione
Pertanto: comodità, durata e flessibilità
L’asana, per dirsi tale, deve avere la duplice qualità di vigilanza e di rilassamento mantenuto nel tempo, anche se l’adattamento al mondo occidentale moderno ha portato l’esecuzione delle asana ad aspetti più ginnici e competitivi...

 

L’esperienza di asana avviene quando ci avviciniamo alla realizzazione di queste condizioni:
1. Immobilità
2. Assenza di sforzo
3. Tempo di mantenimento
4. Controllo-attenzione del respiro
5. Consapevolezza e osservazione mentale
La realizzazione profonda di un’asana è nella unione di corpo, respiro e mente, ottenendo così una esperienza yoga (yoga = unione). Questo caratterizza il significato stesso di yoga: una esperienza vissuta interiormente con la totalità del nostro essere.

  

Tempo di mantenimento
Ciò che caratterizza un’asana, rispetto alle altre forme di attività fisica è la ricerca del mantenimento della posizione.
I tempi di mantenimento saranno da pochi secondi ad... alcune ore (vedi posizioni sedute o asana in speciali programmi di yogi avanzati). 
Non lasciamoci ingannare dall’immobilità dell’asana: nel mantenimento, si scoprirà che questa porta in sé, in realtà, un grande movimento.
Con il progredire della pratica l’immobilità diventa non tanto una prestazione fisica, ma una condizione mentale.

 

Respirazione
Nella pratica delle asana, possiamo scoprire una sorta di educazione alla respirazione: possiamo capire come si comporta il nostro respiro. Le modalità respiratorie sono molto personali e variano in seguito ai cambiamenti de nostro stato mentale, emozionale e fisico. Sarà il respiro stesso a farci da maestro durante la pratica.

 

 

L'osservazione: Svadhyaya 
Come iniziare la pratica dello yoga?
In qualunque situazione, fatto, azione della nostra vita vi è un punto di partenza.
Lo yoga è essenzialmente una disciplina di autoindagine. La condizione di svadhyaya è l’osservazione, il riconoscimento della nostra condizione integrale ed attuale (fisica, respiratoria, mentale ed emozionale), la comprensione delle nostre debolezze e delle nostre forze. Tutto ciò, tuttavia, non è la realizzazione, lo scopo finale, ma solamente il punto di partenza.
Inoltre per dare inizio, fare un primo passo, ma non un inizio qualunque, dobbiamo:
- creare un percorso ragionato
- sviluppare un percorso in armonia e risonanza con noi stessi

Questo percorso è definito vinyasa krama, ossia fare un passo in modo preciso.
vi = modo preciso
nyasa = porre
krama = passo

 

Il confronto con un osservatore esterno: l’insegnante
Un bravo insegnante:

  • ci terrà lontani da ogni forma di competizione che potrà spingerci verso prestazioni inadeguate al nostro livello di esperienza e alla nostra condizione attuale
  • saprà avvisarci sugli effetti e sulle controindicazioni delle posizioni e delle altre tecniche complementari
  • saprà osservare e indicare la giusta modalità respiratoria
  •  presso il nostro Centro, dove integriamo la tradizione ayurvedica con la pratica yoga, si avrà la possibilità di orientare il percorso yoga secondo la propria costituzione - prakriti in armonia con i ritmi della stagione e quotidiani

 

Yoga e ayurveda

I principi ayurvedici, a cui lo yoga non dovrebbe essere disgiunto, indicano la personalizzazione dello yoga secondo la nostra costituzione biofisica (prakriti).
L’integrazione con la medicina ayurvedica inserisce nella pratica yoga aspetti di particolare attenzione alla alimentazione, alle tecniche di massaggio, all’uso delle piante curative, alle pratiche di purificazione e riequilibrio dei dosha per creare un unicum integrato di salute olistica e di una vera yoga terapia.

L’hatha yoga e la tradizione classica

La pratica delle asana secondo l'hatha yoga, la forma di yoga psicofisico più antico e tradizionale, è inserito in un percorso strutturato composto da: 

1. Shat karma
Numerose pratiche di purificazione psico fisica e psicosomatica che coinvolgono tutti i distretti corporei
2. Asana
Movimenti, serie dinamiche e posizioni statiche  del corpo
3. Pranayama
Apprendere una corretta respirazione e successivamente un controllo cosciente dell’energia vitale tramite la via del pranayama (prana = energia, ayama = estensione)
4. Mudra
Serie di gesti eseguiti con diverse parti del corpo (mani, occhi, lingua, altre parti del corpo stesso), usati per un controllo sottile della energia del prana
5. Bandha
Serie di "contrazioni" o/e "chiusure" di alcune parti del corpo per un controllo consapevole del flusso delle energie psicofisiche
6. I passi successivi si muoveranno verso le pratiche meditative.

 

Il prana 

Il filo conduttore di questo percorso è il prana:
- pulire il corpo con le pratiche di purificazione, con l’alimentazione corretta, con norme naturopatiche, per prepararlo, renderlo stabile, resistente e fluidificare i percorsi energetici 
- divenire consapevoli, accumulare e ampliare il prana tramite la fonte più diretta e immediata che è il respiro, e successivamente il pranayama 
- saper controllare coscientemente i flussi del prana nel corpo attraverso i mudra e i bandha.
Il concetto di prana ci porta più vicini  al significato più vero e profondo dell’hatha yoga dove le sillabe sanscrite ha e tha ci ricordano la ricerca dell’equilibrio e dell’integrazione delle due polarità:
- ha (la nadi pingala e la forza che alimenta il piano vitale, corporeo, il sole, lo yang, il maschile, l’emisfero sx, respiro nella narice dx, ecc.) 
- tha (la nadi ida, la forza che alimenta la mente, la luna, lo yin, il femminile, l’emisfero dx, respiro sx, ecc.). 
Pertanto tutte le tecniche dell’hatha yoga portano all’equilibrio e all’integrazione di tutte queste forze.

 

Yoga lento o veloce?

Uno dei luoghi comuni sullo hatha yoga è che viene considerato uno yoga “lento”, forse non si coglie che in ogni seduta si creano flussi e ritmi diversi, dove fasi dinamiche e statiche si alternano continuamente. Ogni incontro è un atto creativo, un colloquio silenzioso tra tutti i partecipanti e la sensibilità dell’insegnante.
La tendenza attuale di forme di yoga sempre più dinamiche spesso non permette la condizione di avere il tempo di ascoltare, di soffermarsi sugli effetti più profondi, di sviluppare una percezione precisa: da qui l’importanza, quando è possibile, di tenere gli occhi chiusi e di offrire degli spazi di pausa tra i vari esercizi. 
L’esecuzione lenta, attenta e rispettosa dei propri limiti permette l’utilizzo dell’hatha yoga per agire profondamente sull’allentamento delle tensioni: l’asana per agire deve avere dei tempi per scendere in profondità, per avere un coinvolgimento dei piani viscerali-organici, degli spazi di azione del respiro, così da creare le condizioni di partecipazione e trasformazione della mente.
Ricordiamo i tre livelli di strutturazione delle tensioni: il piano muscolare-articolare, il piano viscerale e quello più profondo, il piano cellulare. L’azione sui primi due livelli evita che le tensioni e le somatizzazioni si definiscano sul livello cellulare aprendo la via alla manifestazione patologica.
Il mantenimento delle asana permette, inoltre, una azione sui percorsi energetici delle nadi, degli srotas, dei punti  dei chakra creando una fluidificazione dei flussi del prana (o come lo conoscete, del ki, chi, energia bioplasmatica, ecc.).
L’esecuzione delle asana può creare un profondo lavoro di sblocco psicosomatico, per questo è molto affine agli esercizi di bioenergetica, alle manipolazioni del Rolfing. 
A tal proposito è giusto ricordare che numerose altre discipline come il training autogeno, lo stretching, il pilates, il reiki, la meditazione mindfulness e la naturopatia, hanno radici o hanno tratto numerosi stimoli e ispirazioni dalle tecniche dello yoga.
La pratica dello yoga si integra perfettamente nei percorsi psicologici data la sua azione olistica e la stimolazione di una maggiore conoscenza di sé.

 

Come agisce un'asana

Qui in maniera schematica i diversi livelli di stimolazione e di intervento delle asana, ricordando che tutti questi piani sono continuamente interrelati e comunicanti.

  • Piano fisico
    Muscolare
    Osteo-articolare
    Circolatorio sanguigno e linfatico
    Viscerale ed organi
    Respiratorio
    Nervoso vegetativo e centrale
    Endocrino
  • Piano energetico sottile
    Prana - Meridiani - Nadi-srotas
    Attivazione dei chakra (trasformazioni a diversi livelli 
  • Piano mentale o psichico
    Stabilità, concentrazione, pazienza (sono anch'esse forme di meditazione e di purificazione mentale)
  • Piano emozionale
    Azione di sblocco psicosomatico
  • Piano simbolico
    Nomi e forme delle asana ci riportano a riferimenti simbolici, archetipici, mitologici

 

Come si svolge praticamente una seduta di hatha yoga

Ascolto iniziale
Si inizia con alcuni minuti distesi nella posizione di rilassamento (shavasana), questo ci aiuterà a prepararci ed allontanarci dagli affanni e dai ritmi della giornata. Questa fase di “decompressione” ci porterà ad ascoltare la nostra condizione fisica, mentale, emozionale in cui siamo, ricordando che ogni volta , ogni giornata, ogni spazio della nostra vita quotidiana non è mai uguale e non si ripetono mai le stesse condizioni precedenti e già sperimentate.

 

Preparare corpo e mente 
Attreverso dei movimenti preparatori (pawanmuktasana), con serie dinamiche strutturate (Surya Namaskara - saluto al sole, Chandra Namaskara - saluto alla luna, Guru Namaskara o altre serie). 

 

Posizione e controposizione
Prima di mantenere una posizione statica (asana), eseguiremo la forma dinamica, o i movimenti inerenti alla posizione che vorremo assumere, questo ci aiuterà a preparare e a prendere confidenza con la posizione da mantenere.
Eseguire un’asana, sapere già la contro-posizione appropriata e saperla assumere orientandosi così:
a) contro posizione adeguata dopo un’asana impegnativa
b) contro posizione più semplice per l’asana che vogliamo riequilibrare.

 

Asana
Pratica dedicata a posizioni statiche e dinamiche del corpo.

 

Riposo e ascolto tra le asana
Fermarsi ad ascoltare tra una posizione, o una sequenza ritmata, amplifica la nostra percezione delle sensazioni, ci permette di capire il nostro livello di sforzo e incrementa la percezione propriocettiva o cinestetica (Il nostro corpo è ricco di diversi tipi di recettori, alcuni dei quali sono sensibili alle variazioni della postura e sono chiamati propriocettivi o cinestetici, questa stimolazione, sviluppa la capacità di riconoscere la posizione e il movimento del proprio corpo nello spazio, senza l’uso della vista).

 

Rilassamento finale
Spazio finale dedicato a metodologie fondamentali di rilassamento, proporzionali all'intensità del programma svolto, al momento della giornata, alla composizione del gruppo.

 

Respirazione e pranayama
Tutta la lezione si svolge sull’ascolto del respiro, per una maggiore consapevolezza e controllo della respirazione.
Uno spazio finale può essere dedicato alle tecniche di prananyama e di perfezionamento del respiro, o di introduzione alle tecniche di respirazione yoga del prana.

 

Altre pratiche
Spazio per altre pratiche di concentrazione, meditazione, rilassamento profondo, secondo l’esigenza o i propositi dell’insegnante.

 

Conclusione
Secondo le esigenze spontanee dei partecipanti e dell’insegnante confronto su temi specifici, letture, chiarimenti pratici e altri riferimenti.
Una buona abitudine è sempre stata la lettura di un brano, una poesia, un riferimento agli insegnamenti di un maestro, un ascolto-significato da “portare” con sé.

 

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I significati dell’asana nello Yoga 

di Gioia Lussana

Volendo rintracciare i molteplici significati della complessa esperienza dell’asana, partiamo dalla radice sanscrita as da cui il termine deriva. Già la semplice lista che compare sotto il verbo as, secondo il dizionario Monier-Williams[2], apre uno scenario quanto mai invitante e poco esplorato, laddove la dialettica corrente intorno alla parola asana scade troppo spesso in una angusta banalizzazione. Leggiamo: sedersi, restare; essere presente, esistere, abitare; stabilire la propria dimora in; restare tranquillamente, dimorare; cessare; celebrare; fare qualcosa senza interruzione, in modo continuo, continuare, durare. Il termine asana, si ottiene sostantivando il verbo mediante l’aggiunta del suffisso ana, e, sempre leggendo il dizionario sanscrito, significa: ‘il sedersi nella posizione tipica dei devoti’, implicando cioè un’attitudine sacrale e riassumendo in sé tutti i contenuti che as fa trasparire. Non è dunque tanto importante in quale postura sedersi, né che sia insolita o acrobatica, ma che sia una qualsiasi posizione comoda - qualità che lo stare seduti implica - di supporto a una coscienza allargata. L’esperienza dello Yoga è in se stessa questa coscienza espansiva, inclusiva, che scopre i nessi, la relazione, tra se stessi e il mondo, dopo aver assaporato intimamente la qualità dell’essere. 

 

Il cuore dell’asana ‘Stabilire la propria dimora’ nell’asana è in primo luogo un invito rivolto a noi stessi, una predisposizione a ricevere, ad ascoltare, a lasciar essere. C’è quindi un primo tempo per così dire di assestamento, in cui facciamo spazio e sistemiamo le cose, invitiamo noi stessi ad accomodarci nel luogo prescelto, la postura. Questa fase di accesso, propedeutica, ha una durata variabile e soggettiva, connotata da un dinamismo di tipo esteriore. Entrati nel cuore dell’asana, semplicemente stiamo, non alimentando più alcun movimento esterno, permettendo alla vita che è in noi di esprimersi a suo piacimento, proprio in virtù dell’attitudine tutelata che l’accoglie. Il corpo diviene custodia e all’interno si sviluppa liberamente un calore vibrante che si ravviva ed espande, disegnando la postura vera e propria. Una volta entrati nella posizione finale, in mezzo al vortice incontriamo un nucleo immobile, fatto di energia, ma stabile, il vero cuore dell’asana.[7] In quel luogo tutto si cheta, come quando al calar del sole, prima che scenda il buio, la natura vive un attimo di sospensione: gli uccelli smettono di cantare e tutto si ferma e tace. Immobilità vibrante e palpito immobile costituiscono un paradosso emblematico dell’esperienza yoga. Permanere è incontrare ciò che non si muove in mezzo al movimento, è incarnare il luogo dell’osservatore, che nel farsi dell’asana diviene anche ciò che è osservato, il movimento tutto intorno. E’ altresì nutrire la naturale espressione dell’energia vitale che ci abita, come una madre che custodisce in grembo l’embrione. Esso si 4 sviluppa quieto e in relativa autonomia, secondo un ordine geneticamente prestabilito. Quello che la madre può fare è predisporre un ambiente favorevole alla sua evoluzione e questo è il ruolo dell’asana: ciò che matura e si rivela all’interno è in parte imperscrutabile. Ciò che si vede fuori - nell’asana come in un embrione che cresce - è una determinata forma fisica, che esprime però in sé il libero, cosciente e misterioso manifestarsi dell’esistenza. Il significato di ‘cessare’ che pure riscontriamo nella radice as, evidenzia un coinvolgimento assoluto. L’asana comporta un’attitudine della coscienza completamente assorbita al suo interno: cessa ogni interesse limitrofo e quasi diventiamo il luogo in cui ci troviamo, non c’è più posto per altro. Tutto il resto è sospeso. ‘Celebrare’, ulteriore significato di as, deriva dalla radice indoeuropea kal (quella di col-ere, coltivare), è muoversi, spingere: coltivare era ‘spingere innanzi l’aratro’, come l’inesauribile spinta in avanti della vita nel suo flusso incessante. Altra radice connessa è car, muovere, vivere. Ma celebrare è anche ‘attendere con cura’, ‘rispettare’, ‘venerare’, ‘frequentare, abitare’, nel senso di fermarsi a prendere dimora, restare a casa, finalmente, dopo aver forse a lungo vagato. Adesso si può semplicemente stare, poiché tutto è stato già fatto, rimane soltanto l’agio della contemplazione, senza altro scopo che partecipare con attenzione non interferente alla quiete vibrante di ciò che vive. Questo è ‘solenne’, ‘glorioso’, è celebrazione. Questo è l’atto sacro per eccellenza.

Dalla rivista “Appunti di viaggio” n. 123 (sett-ott 2012)